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LA TAVERNA DI MEZZANOTTE – AKA MIDNIGHT DINER TOKYO STORIES

Meglio il manga o la serie tv?

La Taverna di Mezzanotte è un manga di Yaro Abe, pubblicato per la prima volta in italiano da Bao Publishing, nella collana Aiken, dedicata al fumetto giapponese.

Molti lo conoscono, grazie alla notorietà raggiunta con la serie tratta dal manga, Midnight Diner Tokyo Stories, che ha riscosso un enorme successo fra gli amanti del Giappone. Non voglio tediarvi su quanto mi sia piaciuta la serie, perché immagino che l’abbiate già vista, o se non l’avete fatto, potete recuperarne una parte su Netflix. E vi consiglio di farlo perché è davvero molto bella, delicata, commovente e molto, molto giapponese se così si può dire.

Qui vorrei invece aprire una riflessione su due delle domande che ci vengono fatte più spesso sui social quando pubblichiamo foto o estratti del manga, ovvero: è più bella la serie tv o il manga? e vale la pena leggere il manga, avendo già visto la serie?

Diciamo fin da subito che non si tratta di domande semplici, con risposte chiare e univoche. Al perché ci arriveremo, ma prima, partiamo dall’inizio.

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∴ Cos’è La Taverna di Mezzanotte?

La Taverna di Mezzanotte, sia nella sua forma cartacea, sia nell’adattamento audiovisivo, è una serie composta da capitoletti o episodi autoconclusivi, non fortemente legati fra loro. Il titolo di ciascuno richiama una pietanza giapponese, a partire dalla quale viene raccontata la storia di un personaggio. Il piatto però non è tecnicamente il protagonista dell’episodio, ma più che altro funge da catalizzatore, mette in moto la trama, serve per raccontarci un tratto della personalità del protagonista, o ancor più spesso risveglia le memorie di questo, facendoci scoprire un pezzettino del suo passato.

Il finale di queste storie può avere un risvolto a volte catartico, a volte a lieto fine, altre volte un po’ triste, ma quasi sempre sorprendente e in qualche misura rappacificatore. Quando utilizzo queste parole però, non aspettatevi sentimenti spiattellati in faccia e urlati nell’orecchio del fruitore, si tratta sempre di storie dolci-amare, con un equilibrio delicatissimo fra la complessità dei sentimenti umani e l’ineluttabilità della vita. Ciò nonostante, o forse proprio per questo, le storie narrate riescono sempre a toccare il cuore dello spettatore o del lettore. O almeno il mio. E tutto questo riportando gli appassionati per un attimo in Giappone.

Uno dei fili conduttori della serie, oltre al cibo e ad alcuni personaggi ricorrenti, è infatti il luogo dove le storie si svolgono o dove vengono raccontate: una di quelle piccole trattorie, tipiche dei vicoli più antichi di Tokyo, con pochissimi posti a sedere e quasi esclusivamente frequentate da giapponesi.

Questa però ha una particolarità: è aperta solo di notte e lo chef cucina qualsiasi piatto richiesto dai clienti, a patto di averne gli ingredienti. E questo può a prima vista sembrare un semplice espediente narrativo per dare unità a capitoli che altrimenti sarebbero praticamente antologici, ma in realtà è molto di più.

Analizzando meglio questa particolarità ci si rende conto di alcuni elementi interessanti. Innanzitutto, l’ambientazione notturna, che ci dà un’atmosfera e una prima chiave di lettura. Ci dice che queste non sono storie superficiali di quella vita, di quella faccia che magari mostriamo di giorno a colleghi e conoscenti, ma sono invece quelle storie di quando i clienti smettono i panni di lavoratore e cittadino modello e semplicemente si permettono di essere se stessi.

In secondo luogo, il fatto che si tratti di persone che vanno a cena di notte, ci dice che spesso gli avventori saranno persone che finiscono di lavorare molto tardi, che svolgono le proprie attività di notte, o che possono permettersi di restare svegli la sera anziché di giorno. Quindi siamo già predisposti a incontrare personaggi particolari, o comunque non stereotipati. In ogni caso, non vedremo quell’aspetto scintillante e patinato della Tokyo tutta business e manierismi. Ci sono persone di ogni genere, estrazione e orientamento sessuale. Una scelta in qualche modo coraggiosa e senza dubbio diversa dal solito.

Ma anche la seconda premessa della storia non è da sottovalutare. Il fatto che le ricette siano a richiesta dei clienti ci fa capire che lo chef è una persona predisposta all’accogliere l’altro, all’ascoltare i suoi bisogni e a tentare, tramite il semplice gesto della cucina, di dargli una piccola gioia all’interno del marasma della vita. E in effetti il personaggio dello chef ha una funzione spesso maieutica, è silenzioso e rassicurante, non giudica mai, ma ascolta in modo che i clienti arrivino da soli alla propria rivelazione per quanto piccola possa essere.

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Quali sono le differenze fra il manga e la serie tv tratta da La Taverna di Mezzanotte?

Come sempre, nei casi di adattamento da un mezzo ad un altro ci sono delle differenze fra l’opera di partenza e quella di arrivo, dovute proprio alla specificità dei singoli mezzi. Prima di iniziare però, una piccola nota: per le mie riflessioni ho deciso di prendere in considerazione, come adattamento audiovisivo, solo quello disponibile su Netflix, perché più facilmente reperibile per tutti.

Personalmente, mi sento di dire che in questo caso la trasposizione audiovisiva è molto ben fatta. Questo non significa però che sia assolutamente identica all’originale in ogni singolo dettaglio. Ma ritengo anche che sia giusto così, altrimenti non sarebbe uscito un buon prodotto televisivo.

Le due versioni dialogano molto bene fra loro e l’adattamento audiovisivo in generale rende a mio avviso giustizia al manga, sebbene vi si ritrovino, per ovvi motivi, meno capitoli e personaggi. Il mood generale è rispettato, se pur con qualche differenza, e lo stesso vale per le varie storie.

Per quanto riguarda il personaggio dello Chef, mi sento di dire invece che la sua funzione è forse più marcata nella serie rispetto al manga. Nel manga sembra parlare un po’ di più, ma allo stesso tempo l’attenzione è ancor più spostata sugli avventori della tavola calda di mezzanotte. Un’altra, ovvia, differenza che ho trovato fra i due prodotti è che i capitoli del manga sono molto più sintetici; d’altra parte, qui le storie si svolgono in una decina di tavole, mentre la serie tv ha una mezz’ora a disposizione per ciascuna. Anche per questo, forse, ho riscontrato anche un maggiore realismo del manga rispetto alla serie. Le storie nel manga vengono raccontate con maggiore asciuttezza, non solo in termini di tempi, ma anche in termini emotivi.

Questo per me non è assolutamente un aspetto negativo, ma è anzi un aspetto positivo. Innanzitutto, perché segna una linea di demarcazione fra i due prodotti, che quindi possono coesistere condividendo molto, ma senza essere l’uno la copia identica dell’altro. E poi perché se il manga fosse più melodrammatico l’avrei forse trovato al limite ridicolo, avendo anche un taglio un po’ più leggero e ironico.

Il manga, infatti, ha anche uno stile di disegno che non cerca di compiacere l’occhio, ma è anzi è molto semplice e allo stesso tempo a volte caricaturale, riuscendo comunque a caratterizzare perfettamente ciascun personaggio. La serie tv, al contrario, fa leva su un contesto più caldo, con emozioni più marcate e immagini che compiacciono l’occhio degli appassionati di Giappone. Anche solo la sigla, con quella musica assolutamente struggente e la telecamera che ci accompagna dai neon caotici di Shinjuku fino ai bui vicoli dove si trova la taverna di mezzanotte, basta a dare un tocco più sentimentale alla serie. (E se siete come me, a farvi partire una lacrimuccia!)

Diciamo quindi che a parer mio sono entrambi due buoni prodotti, che condividono l’impianto narrativo, le storie e lo spirito generale dell’opera. Se poi quello che cercate è un racconto più secco e ironico vi consiglierei maggiormente il manga; se invece prediligete un feeling più nostalgico orientatevi sulla serie. Detto questo, veniamo all’altra domanda che tutti ci fate.

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Vale la pena leggere il manga avendo visto la serie?

Ora, forse è un po’ presto per rispondere; sarebbe forse necessario prima vedere i futuri sviluppi, sia del manga sia della serie…

Ma la mia risposta è . Assolutamente sì!

Come ho già detto, sono due prodotti che condividono molto, ma ciascuno con sfumature proprie ed entrambi molto piacevoli. E non solo; le ricette/storie presentate non sono sempre le stesse. O meglio, nel manga ce ne sono molte di più rispetto alla serie, in particolar modo considerando solo le stagioni disponibili su Netflix, almeno per il momento (ndr Su Netflix Italia si trovano le 2 stagioni prodotte dalla piattaforma stessa, mentre i diritti sulle prime 3 stagioni sono di proprietà del network nipponico MBS). Quindi mi sembra evidente che il manga sia, almeno per ora, più vario.

Non solo; se non siete appassionatissimi di manga, o se vi sentite troppo adulti per i titoli più commerciali, la Taverna di Mezzanotte può rappresentare un piacevole primo passo in questo mondo, tramite uno slice of life tanto delicato quanto ironico e, talvolta, commovente.

E poi è divertente ritrovare i personaggi e vedere come sono stati interpretati dall’una e dall’altra opera. Ad ogni modo sono per me due prodotti entrambi molto validi e se uno dei due vi ha appassionato, allora di sicuro vi piacerà anche l’altro.

Non posso concludere, allora, se non lasciandovi i link per acquistare su Amazon il manga La Taverna di Mezzanotte; fateci sapere se vi piacerà quanto è piaciuto a me! Ricordo che a voi non cambia nulla acquistarlo tramite il nostro link, mentre a noi arriva una piccola percentuale, che ci aiuterà a sostenere il progetto Giappone Milano!

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Rachele Gatti

Co-founder di Giappone Milano

Toscana trapiantata a Milano, amo il Giappone dal 2015 (sì, so la data!) per i suoi infiniti contrasti. Potrei parlare per ore di capelli colorati e, ovviamente, cultura giapponese!

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